mercoledì 20 ottobre 2010

1943, Dopo Kursk. La Svolta

Sul Campo

Il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcavano in Sicilia. In Europa, ad ovest, si stava aprendo un nuovo fronte e l’Italia cominciava a vacillare.
Secondo Hitler occorreva mandare al più presto forze corazzate in Italia ed a est. Il suo pensiero andò al II. SS-Panzerkorps che in quel momento combatteva nell’area meridionale del saliente di Kursk. Nella tarda serata del 12 luglio l’ordine che arrivò sul fronte russo fu di: “..non insistere più di tanto in quell’area…”.
La, nella pianura russa si stava lottando per eliminare quel saliente che si incuneava pericolosamente nelle linee tedesche. I combattimenti duravano da più di una settimana. Le perdite erano elevatissime, ma i risultati per i tedeschi deludenti.
Per certi versi l’operazione “Zitadelle” finiva nel nulla. Il Generalfeldmarschall Von Manstein che comandava l'Heeresgruppe Süd tentò di opporsi, ma il comandante del Heeresgruppe Mitte, il Generalfeldmarschall Günther von Kluge, non lo appoggiò. In effetti von Kluge, più a nord, era alle prese con la forte pressione sovietica nel settore di Orel, lo stop a “Zitadelle” gli consentiva di affrontare meglio la minaccia.
Alcuni anni dopo von Manstein disse: “…Non dovevamo mollare l’offensiva su Kursk almeno fino a quando le riserve, che i russi avevano impegnato, non fossero state completamente battute”. A ben guardare gli eventi viene il dubbio che l’esperto generale tedesco non esprimesse con quelle dichiarazioni delle valutazioni ma delle emozioni.
Rispetto al 1942 molto era cambiato. Dopo Stalingrado tutto era mutato profondamente. Finita la grande galoppata in avanti ormai il fronte tedesco arretrava ovunque.
All’estremità meridionale del fronte i tedeschi avevano quasi del tutto abbandonato il Caucaso e dopo un arretramento a metà febbraio si erano attestati sul fiume Mius. Nell’area caucasica era presente ormai solo più una testa di ponte nella penisola del Kuban presidiata dalle divisioni tedesche e rumene della 17. Armee.
Più a settentrione, lasciato il Volga e il Don, ogni tentativo di ancorarsi al Donetz per i tedeschi era fallito e la linea del fronte era molto arretrata rispetto a quel fiume. Solo in alcuni tratti, verso sud, la 1. Panzerarmee del Generaloberst Eberhard von Mackensen era riuscita ad attestarsi sul Donetz (o Severskij Donec, nell'attuale Ucraina).
Dopo Stalingrado l’offensiva sovietica aveva proseguito inarrestabile. Quando il 31 marzo 1943 il Comando sovietico annunciava che l’offensiva d’inverno era conclusa le divisioni russe si trovavano a 300 chilometri ad ovest da Stalingrado. In 4 mesi di offensiva, sul fronte centrale, i tedeschi avevano perso città come Kharkov e Kiev, mentre Orel era pesantemente minacciata.
A luglio i tedeschi ripresero l’iniziativa con “Zitadelle”. Quasi sul centro del fronte i sovietici si trovavano incuneati per una profondità di oltre 90 chilometri e per una ampiezza di fronte prossima ai 170 chilometri. Il saliente russo che si infilava nelle linee tedesche minacciava più a nord l’importante città di Orel, rimasta in mano alla XXIII. Armeekorps del General der Infanterie Friessner.
L’operazione “Zitadelle”, da molti considerata la più grande battaglia di carri, portò a immani perdite da ambo le parti. Perdite in mezzi e uomini, ma l’obiettivo strategico di chiudere Kursk ed il milione di soldati russi, presenti nell’area, in una morsa non fu neanche lontanamente raggiunto. Con il 13 luglio “Zitadelle” fini ed oltre alle ingenti perdite i tedeschi si trovarono di fronte alla necessità di rimettere in sesto i numerosissimi carri danneggiati o logorati negli scontri.
Nonostante che, con “Zitadelle”, le cose fossero andate di traverso, l’atteggiamento tedesco risultava poco attinente alla realtà anche stando alle successive dichiarazioni di un ufficiale equilibrato come von Manstein. “Pensavamo di aver dato al nemico” scrisse il generale “ una tale lezione da poter contare su un lungo periodo di respiro in quel settore del fronte…”.
In effetti, sospesa l’offensiva varie unità tedesche vennero inviate a sud a rafforzare il settore del Donetz, o altrove. Nello specifico Hitler ebbe un’intuizione prevedendo una prossima offensiva sul Mius.
Come non bastasse delle poche unità rimasta su quel fronte moltissime restarono con pochi carri in efficienza. Enormi quantità di carri avevano bisogno di riparazioni e partivano verso le officine di manutenzione a Kharkov e Bogodukhov. Queste sovraccariche, furono costrette a rifiutare i mezzi dirottandoli a Kiev (a quasi 400 chilometri dal fronte).
Le manutenzioni, legate agli scontri ed al logoramento, ponevano i tedeschi di fronte a pesanti problemi logistici e tecnici in ragione dell’elevatissimo numero di modelli, varianti e sotto varianti dei carri e semoventi in linea nelle loro unità. Più omogenea la linea sovietica che quindi godeva di uno standard manutentivo semplificato.
L’atteggiamento degli ufficiali tedeschi lascia intendere quanto non fosse ancora ben chiaro che molte cose erano cambiate sull’altro lato del fronte. Opinione comune degli ufficiali tedeschi, maestri della guerra di movimento, era che oramai i russi si sarebbero arrestati e sarebbe stato possibile consolidare il fronte difensivo sino all’autunno, in attesa dell’inverno.
Von Manstein a sud restò con poche forze corazzate a presidiare il Donetz. Gli rimaneva il 1. Panzerarmee ma l’unità poteva contare su una sola unità efficiente, la 13.a Panzerdivision. Von Manstein avrebbe voluto poter disporre delle SS Panzergranadier ma il loro impiego era subordinato all’autorizzazione di Hitler, ed il Führer voleva spedire quelle unità in Italia non appena fossero disponibili i mezzi per il trasporto.
La situazione generale, in quell’epoca, era favorevole ai sovietici. Nonostante le perdite subite con “Zitadelle” le unità schierate non erano diminuite, inoltre l’aumento delle produzione e dell’efficacia nella manutenzione aveva consentito di mantenere quantitativamente elevata la linea corazzata. A metà luglio i sovietici, dopo Kursk, disponevano nell’area di 1.500 carri ma a fine mese il loro numero era risalito a 2750, portando l’organico dei reparti ad un livello medio dell’80%.


La caduta del saliente tedesco di Orel
Come il saliente di Kursk per i tedeschi il saliente di Orel rappresentava un vero incubo per il comando sovietico. La città era quasi all’apice del cuneo che si infilava nel fronte russo appoggiandosi a sud proprio sul saliente di Kursk.
L’offensiva verso Orel aveva avuto inizio ai primi di luglio, ma aveva assunto decisione solo quando l’attacco tedesco a Kursk stava spegnendosi.
Nell’offensiva furono impegnate le forze del Fronte di Bryansk comandate allora dal Generál Ármii Markian Mikhaylovich Popov, supportate a nord da reparti del Fronte dell’Ovest del Generál Ármii Vasily Sokolovsky. Le prime scaramucce in quell’area si ebbero il 4 luglio.
Il comando sovietico, supportato dall’Intelligence e dalla ricognizione aveva le idee abbastanza chiare su quanto sarebbe successo a Kursk e per affrontare la minaccia si era preparato, ma quel comando aveva ripreso anche un grande spirito d’iniziativa: ormai forze e risorse cominciavano ad abbondare.
Le vittorie ottenute, gli aiuti degli alleati, i nuovi fronti aperti dagli alleati: prima in Africa ora in Sicilia, ma anche il completamento della riorganizzazione dell’industria bellica ed il riordinamento delle forze armate consentivano all’URSS di vedere con luce nuova gli eventi.
Con i primi di luglio sul centro del fronte di Orel si mossero la 61.a, 3.a, 63.a Armata e la 3.a Armata Corazzata della Guardia. Da nord scesero sui tedeschi la 4.a Armata Corazzata della Guardia e l’11.a Armata. Il fronte tedesco era tenuto dalla 2. Panzerarmee del Generaloberst Rudolf Schmidt. Nei primi giorni l’offensiva fu contenuta ed il controllo dei sovietici non fu difficile.
Verso il 10 luglio però l’offensiva sovietica aumentò di intensità, il fronte si ampliò e negli scontri vennero coinvolti anche reparti del 9. Armee del Generaloberst Walter Model; in particolare il fianco sinistro del XXIII. Armeekorps (Generaloberst Johannes Friessner ) subì gli assalti. La situazione degenerò e divenne critica; un eventuale sfondamento sulla linea di Friessner avrebbe fatto correre seri rischi alle punte corazzate tedesche allora impegnate da nord verso Kursk.
Con la metà di luglio l’attacco a Kursk fu sospeso dai tedeschi. I bollettini ufficiali germanici sostennero che l’inclemenza del tempo costringeva a sospendere la azioni, in effetti, oltre agli avvenimenti di Sicilia, anche l’attacco su Orel ebbe la sua influenza nel riorientamento degli obiettivi tedeschi.
La città di Orel era un nodo logistico di enorme importanza per i tedeschi. Li erano magazzini, impianti di distribuzione, gli ospedali e le officine di prima manutenzione.
Gli scontri su quel fronte diventarono presto asprissimi. Contro le forze dal Gruppo di Armate Centro del Generalfeldmarschall Günther von Kluge, si mossero anche i reparti del Fronte Centrale russo (Generál Ármii Konstantin Rokossovsky), alle unità già in movimento si aggiunsero la 13.a, 48.a, 70.a Armata e 2.a Armata Corazzata.
Dopo le vicende di Kursk le forze tedesche nell’area non erano state rinforzate, anzi le manutenzioni e l’invio di unità verso il Gruppo di Armate Sud avevano indebolito la linea. Ma nonostante l’assottigliarsi dell’organico tedesco, l’avanzata sovietica procedette ad ritmo piuttosto lento.
Orel venne conquistato dalle truppe del Fronte di Bryansk il 5 agosto, ad un mese dall’inizio degli scontri. I tedeschi arretrarono sganciandosi abilmente, ovvero pur non perdendo il contatto con le avanguardie russe fu possibile di tenerle a sufficiente distanza onde evitare di farsi sopravanzare.
Successivamente, analizzando gli eventi, il Márshal Sovetskogo Souza Zukov sottolineò che la lentezza dell’avanzata in quell’area trovava le sue ragioni nel fatto che il Comando “.... era stato frettoloso nel passare all’offensiva prima di raggruppare sufficienti forze sull’ala sinistra del Fronte Occidentale...”. In effetti i rinforzi furono poi inviati ma, come ammette lo stesso maresciallo, la velocità dell’avanzata non aumentò più di tanto e ciò consentì ai tedeschi di riordinare le forze. Il 18 agosto l’offensiva sovietica si arrestò, il saliente di Orel era stato smantellato ed il fronte aveva raggiunto una linea che correva grosso modo dalla cittadina di Dmitrovsk-Orlovskij a Kirov.

L’attacco al Dnjeper ed al Mius.
L’altra potente spallata sovietica ebbe inizio il 17 luglio. Il Fronte Sud Occidentale del Generál Ármii Rodion Jakovlevič Malinovskij ed il Fronte Sud di Tolbukhin intrapresero una offensiva presso Izyum sul Donetz. L’offensiva si sviluppò puntando da Izyum verso sud sino al fiume Mius e poi seguendone il corso sino alle foce, sulle rive del Mar d’Azov.
I tedeschi schieravano a Izyum e sul Donetz la 1. Panzerarmee di Mackensen, mentre la 6. Armee del Generaloberst Karl-Adolf Hollidt presidiava la riva occidentale del Mius. Anche in quell’area, nonostante gli sforzi, i sovietici non ottennero molto ed a tutto luglio l’unico dato significativo era la perdita di quasi 700 corazzati.
In effetti l’offensiva vera i russi la dovevano ancora lanciare. Il 1 agosto qualche cosa di ulteriore cominciò ad accadere: le retrovie della 4.a Panzerarme furono sottoposte a pesanti attacchi partigiani; furono prese di mira le linee ferroviarie che nei due giorni successivi furono sconvolte da oltre 400 interruzioni ed attacchi a impianti e convogli ferroviari. La 4.a Panzerarme, comandata da Generaloberst Hermann Hoth era schierata sull’ala sinistra del Heeresgruppe Süd di Von Manstein, su un’area compresa tra Sumy e Bielgorod. Il 3 agosto mossero all’attacco le forze sovietiche del Fronte di Voronezh, comandate dal Generál Ármii Nikolai Fyodorovich Vatutin ed il Fronte della Steppa del Márshal Sovetskogo Souza Ivan Konev. L’attacco investì l’area della Panzerarme di Hoth.
Tomarovka, località che si affaccia sul saliente di Kursk, fu presto tagliata fuori. In quell’area il General der Infanterie Eugen Ott con il suo LII. Armeekorps cedette sotto la pressione della 53.a e 69.a armate sovietiche.
Il 4 agosto la 7.a Armata della Guardia entrava in Bielgorod mentre punte sovietiche penetravano il fronte tedesco di 50 chilometri a sud ovest dalla località tentando pericolosamente di tagliare il fronte tra l’VIII.Armeekorps e la 4.a Panzerarme.
Il Comando germanico per sminuire l’entità di questa sconfitta sostenne che si applicava la “difesa elastica”, volta a risparmiare vite umane e sottrarre ingenti forze al pericolo di accerchiamento.
Per tamponare la falla si mosse il XLVIII. Panzerkorps ma non riuscì a fare molto e verso il 7 agosto forze sovietiche raggiungevano Bogodukov cittadina posta sulla direttrice ferroviaria e stradale che collegava Sumy a Kharkov. L’occupazione della nuova località rendeva traballanti e problematiche le comunicazioni tedesche nell’area
Dal 10 agosto l’8.a Armata tedesca fu quella più seriamente investita dall'attacco russo. La 57.a Armata sovietica l’11 agosto guadava il corso superiore del Donetz e puntava su Kharkov. Gli ordini di Hitler divennero categorici: “Kharkov deve essere mantenuta a costo di qualsiasi sacrificio!”
Per il Führer la città aveva un valore strategico, ma soprattutto simbolico: essa insieme a Mosca ed a Leningrado rappresentava il triangolo ideologico ed industriale del bolscevismo storico. La città di circa un milione di abitanti era uno dei pochi simboli del bolscevismo concretamente caduto in mani tedesche e quindi andava mantenuta.
Il giorno dopo la pressione sovietica costringeva le unità tedesche ad abbandonare gran parte della linea ferroviaria Sumy – Kharkov , la parte più settentrionale del corso del Donetz e la città di Tomarovka. In pratica un fronte che corrispondeva alla spalla sud di quello che era stato il saliente di Kursk veniva abbandonato dai tedeschi.
Per fermare il dilagare sovietico dal Gruppo d’Armate Centro fu distaccata in zona la Panzergranadier Division “Gross Deutschland”. Intanto un importante scontro corazzato andò sviluppandosi tra unità della 4. Panzerarmee e la 1.a Armata Corazzata sovietica del Generál Ármii Mikhail Katukov. Lo scontro si accese l’11 agosto e si chiuse il 18 con un netto sopravvento tedesco. I carri di Katukov dovettero arretrare di una ventina di chilometri per potersi riorganizzare.
Un certo scompiglio lo generò tra le file tedesche la penetrazione che, intorno al 15 di agosto, una divisione di fanteria sovietica riuscì ad effettuare nella zona di Akhtyrko, località posta sulla ferrovia Sumy Kharkov. L’unità sovietica, supportata da carri, aveva aperto un varco nell’8.a Armata tedesca sull’ala destra della “Gross Deutschland”.
Per affrontare il pericolo la “Gross Deutschland”, già fortemente impegnata, inviò un Kampfgruppe guidato dal colonnello von Natzemer.
L’unità, costituita da un battaglione di granatieri su semicingolati, un reparto esplorante, 20 carri Tigre e 6 semoventi, si mosse il 18 agosto. L’azione fu condotta da von Natzemer con tanta maestria da sconvolgere completamente l’avanzata della divisione sovietica. Il comando russo arrivò a pensare di trovarsi di fonte all’intero XLVIII. Panzerkorps e temendo il peggio mobilitò la sua riserva inviando il Generál Ármii Grigory Kulik con la 4.a Armata delle Guardie sul posto.
L’intervento di Kulik fu però talmente prudente, circospetto e inconcludente, che il comando decise di destituirlo.
Kharkov intanto continuava a resistere, ma da ovest arrivò anche la 5.a Armata Corazzata della Guardia del Generál Ármii Sovetskogo Souza Pavel Rotmistrov e la città fu accerchiata.
Il 23 agosto Kharkov si arrendeva ai russi. Il fronte si stabilizzò pochi chilometri oltre la città. La battaglia per la città era durata dieci giorni, poi i tedeschi ebbero l’ordine di ritirarsi rapidamente per ridurre al minimo le perdite. La ritirata tedesca fu precipitosa e gli impianti industriali di Kharkov restarono intatti.
Più a nord l’offensiva sovietica aveva raggiunto il fiume Psel e Lebedin ma aveva dovuto abbandonare la città di Akhtyrko. Sul finire d’agosto gli attacchi sovietici sul fronte dell’8.a Armata e della 4. Panzerarmee cessarono.
Più a sud i generali sovietici Malinovskij e Tolbukhin riuscirono con maggiore facilità ad aprirsi la stada oltre il Donetz e il Mius. Rispetto al nord le offensive sovietiche in quell’area si mossero nell’agosto inoltrato. Alla fine di agosto il XXIX. Armeekorps venne accerchiato nei pressi di Taganrog e a stento riuscì ad aprirsi una via per uscire dalla sacca.
Il 3 settembre von Manstein si incontrò con Hitler: Dopo avergli illustrato la drammaticità della situazione von Manstein chiese al Führer il benestare per il ripiegamento del suo fronte. Hitler però non aveva alcuna intenzione di acconsentire. Quando però le forze russe raggiunsero Stalino, il Comando tedesco non ebbe altra scelta che acconsentire a quanto peraltro stava già accadendo sotto l’incalzare dei colpi sovietici: il ripiegamento delle forze verso il Dnjeper.
Quasi contemporaneamente il Fronte della Steppa riprese l’offensiva nel settore della 4. Panzerarmee, e il XLVIII. Panzerkorps divenne l’obbiettivo degli attacchi russi. Le forze del generale sovietico Ivan Konev riuscirono rapidamente a scardinare l’ala nord dell’8.a Armata dalle sue posizioni costringendola a ripiegare. Von Manstein e i suoi ufficiali fecero arretrare le unità ordinatamente. Per rallentare l’avversario i tedeschi, durante la ritirata, distrussero meticolosamente, bruciandola, ogni cosa dalla quale i sovietici potessero trarre vantaggio. La terra di Russia si illuminò di immensi falò che distruggevano raccolti, cascine, villaggi, officine.
A settembre, la 4. Panzerarmee era prossima a Kiev e la 1. Panzerarmee si attestò a Dnjeperopetrovsk dove il fiume Dnjeper si piega verso est in un’ampia ansa. I metodici ripiegamenti, e gli incendi che li accompagnavano, costrinsero gli inseguitori sovietici ad ulteriori, ma non gravosissimi, sforzi logistici.
Più a meridione anche l’8.a Armata del General der Infanterie Otto Wöhler fu sospinta verso il Dnjeper e verso metà settembre ne iniziò il guado nei pressi di Kremencheng sotto la protezione del XLVIII. Panzerkorps che mantenne una testa di ponte.
Al 30 settembre anche la 6.a armata che occupava la parte più meridionale del fronte era arretrata attestandosi poco prima degli itzmi che danno accesso alla Crimea, nei pressi di Melitopol.
Una così vistosa serie di successi diffuse un profondo ottimismo nell’esercito russo, esaltato da una abilissima propaganda. Su fronte i soldati sovietici attaccano gridando: “A Berlino… a Berlino!”.
Tra i tedeschi stava serpeggiando invece lo scoraggiamento e lo stupore. Lo stato d’animo dei soldati contagiò presto anche la popolazione civile. Il Governo del Reich emise parecchi comunicati ufficiali con cui si sosteneva che “l’indietreggiamento” non era causato da una travolgente avanzata nemica, ma da una ben calcolata e spontanea ritirata volta ad accorciare e irrobustire le linee di difesa. Gli stessi comunicati diedero alla popolazione del Reich la magra consolazione di sottolineare che tutte le città russe, prima di essere abbandonate dalle truppe tedesche, erano state ridotte ad un cumulo di rovine.


Ancora più avanti.
L’offensiva russa era ormai nella fase più imponente. La pressione aumentava lungo la linea del Dnjeper. Il fiume era fondamentale per i tedeschi che su ambo le sponde costituirono fortificazioni. Ma a metà ottobre i russi avevano già superato il Dnjeper in tre località. Le unità del Fronte della Steppa del Generál Ármii Ivan Konev avevano passato il fiume poco ad est di Kremenchung e puntavano rapide su Kirovoy Rog.
Il 25 ottobre cadeva Dnjepropetrovsk; la perdita di questa località ed il conseguente straripamento dei sovietici oltre il Dnjeper minacciava l’ala più a sud dello schieramento tedesco, in particolare la 6. Armee del Generaloberst Hollidt. Hitler, ne fece una questione di principio, la zona doveva essere tenuta a tutti i costi e località come Nikopol e Kirovoy Rog non dovessero assolutamente cadere in mani sovietiche. Anche se controvoglia von Manstein ubbidì e affrontò le forze di Konev in uno scontro che iniziò il 2 di novembre. Konev fu fermato, Nikopol e Kirovoy Rog restarono in mani tedesche.
La vittoria di von Manstein poneva però ora le sue stesse forze sotto la minaccia che proveniva da sud.
Più a meridione il Fronte Sud sovietico, noto anche come Quarto Fronte Ucraino, aveva ormai scalzato le forze tedesche dalla foce del Dnjeper, aveva occupato la città di Melitopol ed era corso oltre. In particolare il 19.o Corpo Corazzato sovietico scagliò all’attacco i suoi 100 T 34 e i suoi 63 carri britannici Valentine. La vittoria fu dei sovietici ma a testimoniare la durezza dello scontro su campo restarono 78 T 34 e 17 Valentine.
I tedeschi arretrarono e la Crimea rimase isolata. Le forze sovietiche arrivarono a minacciare Kerdon e si avvicinarono ad Odessa, quello che sino all'invasione tedesca era stato il loro massimo porto sul Mar Nero.
L’avanzata sovietica a sud sbilanciava pericolosamente in avanti Nikopol e Kirovoy Rog.
Questi arretramenti Berlino non potè più spacciarli come “volontario accorciamento del fronte”. Riconobbe che si trattava di una grande offensiva condotta con imponenti forze, addestrate ed equipaggiate adeguatamente. Hitler prese drastiche misure per la sicurezza interna. Himmler diventò Ministero dell’interno ed ebbe l’incarico di stroncare qualsiasi tentativo di opposizione interna provocato dal pessimo andamento della guerra
Più a nord di von Manstein il Márshal Sovetskogo Souza Vatutin, comandante del Fronte di Voronezh (che poi diverrà Primo fronte Ucraino) lanciava 24 brigate corazzate, 30 divisioni di fanteria e 10 brigate motorizzate contro Kiev. Nell’area i tedeschi disponevano di 30 divisioni con 400 carri armati, per lo più unità della 4. Panzerarmee. I corazzati sovietici erano circa 750 ed ebbero la meglio.
Il 6 novembre Stalin in persona emetteva un ordine del giorno ove si annunciava la liberazione di Kiev. Il 3 novembre Hitler aveva tolto al Generaloberst Hermann Hoth il comando della 4. Panzerarmee affidando l'unità al Generaloberst Erhard Raus.
I russi sembravano inarrestabili, avevano sicuramente bene imparato dalle loro precedenti sconfitte che all’avversario in ritirata non si doveva dare tregua. Le riserve e i materiali disponibili per i sovietici erano sempre più abbondanti. Le forze russe di Vatutin precedute dalla 3.a Armata Corazzata puntarono oltre Kiev ed 13 novembre erano in vista di Zhitomir, una località a quasi 180 chilometri ovest di Kiev.
Già dal 6 novembre von Manstein, nell’area compresa tra Zhitomir e la località di Fastov, una ottantina di chilometri più a sud, stava cercando di concentrare tutte le forze corazzate disponibili per formare un centro di resistenza. Ma i russi furono più rapidi e già quel 6 novembre giunsero in vista di Fastov.
La città era presidiata da due battaglioni di Landesschuetzen. Per rafforzare la Posizione von Manstein mandò sul posto quanto aveva di più vicino: un reggimento della 2. SS-Panzerdivision "Das Reich” e la 25. Panzer-Division. Però il reggimento della “Das Reich” non poteva arrivare a Fastov che dopo alcuni giorni mentre la 25.a, che era a 200 km dalla località, poteva appena provarci ad avvicinarsi. L’unità era completa negli organici ma era di nuova formazione. Comandata dal Generalleutnant Adolf von Schell aveva ultimato solo a fine agosto il suo iter formativo in Francia e pochi dei suoi uomini avevano mai sostenuto un combattimento. A mezzogiorno del 7 novembre l’unità venne a contatto con i battaglioni di T 34 che avanzavano su Fastov e dopo pochi colpi di cannone la 25.a si diede alla fuga più disordinata. Solo l’abilità del suo comandante consentì alla divisione di evitare la distruzione completa e di sganciarsi. La sera del 7 novembre Fastov fu occupata dai sovietici.
Lo scontro di Fastov si protrasse comunque ancora per alcuni giorni. Il 9 la 25. Panzer-Division contrattaccò vigorosamente comportandosi da unità veterana, raggiunse i sobborghi di Fastov, ma ormai i tedeschi erano esausti e l’azione non potevè proseguire. L’unità sotto l’incalzare dei russi dovette ripiegare e venne quasi distrutta.
Intanto finalmente nell’area attorno a Zhitomir si era raggruppato il grosso delle forze corazzate di von Manstein. Erano unità del XLVIII. Panzerkorps. La massiccia presenza delle forze tedesche fermò per qualche tempo ogni ulteriore velleità sovietica. Nell’area erano giunte la 6 Panzer-Division e la 68. Infanterie-Division. Il Generalleutnant Hermann Balck, comandante la XLVIII. Panzerkorps voleva riprendere Fastov e puntare su Kiev, ma il Generaloberst Erhard Raus, nuovo comandante del 4. Panzerarmee, non fu d’accordo. In effetti nell’area solo tre divisioni erano in efficienza: la 1.a, la 7.a e la 1. SS Panzer-Division "Leibstandarte SS Adolf Hitler". La 25.a era ormai poco più che un numero, la “Das Reich” era quasi priva di carri in efficienza e la 19.a era ancora in movimento.
Pienamente consapevole dei problemi della linea tedesca, Raus preferì un piano meno audace: invece di puntare su Fastov e poi Kiev, preferì portare la massima pressione contro i russi che si erano spinti fino a Zhitomir. Quelle forze sovietiche dovevano essere vinte per poi puntare verso est, alla volta di Kiev.
Meno fantasioso e rapido di quanto proposto da Balck, egli chiedeva un grosso sforzo alle unità tedesche che dovevano affrontare e fermare un nemico in rapida avanzata.
L’azione iniziò il 15 novembre del 1943. Come previsto dal piano di battaglia la “Das Reich” e la 25. Panzer-Division coprivano il lato destro, la 7.a Panzerd e la 68. Infanterie-Division quello sinistro, mentre la 1. Panzer e la “Leibstandarte Adolf Hitler”, al centro, formavano nocciolo duro dell'attacco.
L'offensiva tedesca colse di sorpresa i sovietici. Il 17 novembre la “Leibstandarte Adolf Hitler” e la 1.a Panzerdivision arrivavano agevolmente ad occupare la linea ferroviaria che collegava Zhitomir a Kiev, facendo ritirare le forze sovietiche verso nord est.
La 1. Panzer-Division prosegui nella sua avanzata su Zhitomir, e congiungendosi con la 7.a e con la 68. Infanterie. La notte del 17 novembre Zhitomir tornò in mani tedesche.
Nella zona di Brussilov i sovietici tentarono un contrattacco che non ebbe alcun esito. La mossa sovietica però solleticò proprio il Generalleutnant Balck che vedeva nella puntata sovietica l’occasione per sferrare un ulteriore colpo ai sovietici e ingabbiare le loro forze corazzate in una solida tenaglia.
Balck aveva predisposto che la 19. Panzer-Division, che ormai era sopraggiunta sulla linea, attaccasse da sud, mentre a nord avrebbe agito la 7. Panzer-Division creando un fronte protettivo. Al centro la “ Leibstandarte Adolf Hitler ” avrebbe portato, da ovest, un attacco diretto alle forze sovietiche.
Il 20 novembre l’azione di Balck iniziò. Ma già dopo qualche ora di scontro si capì che la “ Leibstandarte Adolf Hitler ” non sarebbe stata in grado di portare a termine il suo obiettivo. L’attacco frontale non diede risultati. Più positive le forze spiegate ai lati che si comportarono egregiamente.
La 19.a Panzer-Division, sul fianco destro, perse solo 4 carri distruggendo 16 carri avversari e una quarantina di cannoni anticarro. Ma poi né la 19.a né la 1.a che tenevano il fianco sinistro furono capaci di sfruttare i successi ottenuti e i russi ebbero modo di riorganizzarsi.
Il generale Balck era furioso ed anche se ormai le tenebre avvolgevano il campo di battaglia ordinò che l’offensiva riprendesse e finalmente il 23 i russi si ritiravano ad est di Brussilov dopo aver perso oltre 150 carri e una settantina di cannoni.
Le unità sovietiche in ritirata si attestarono a nord della ferrovia che correva da Zhitomir Radomyshl. Da quella posizione minacciavano pesantemente il fianco sinistro delle forze tedesche. I tedeschi dovevano eliminare assolutamente questa minaccia.
Alle 6 del 6 dicembre sulla strada che collegava Zhitomir a Korosten si fecero avanti la “Leibstandarte Adolf Hitler ” e la 1. Panzer-Division. La mossa sorprese per l’ennesima volta i sovietici sorpresi sia dall’entità che dalla direttrice dell’attacco. Le perdite russe furono ingenti e, in meno di un giorno, essi dovettero arretrare di una quarantina di chilometri. L’azione di Balck fu supporto decisamente della Luftwaffe che operò grossi bombardamenti contro le unità nemiche.
Le forze sovietiche in quei frangenti si distinsero in azioni di vero eroismo, ma la carenza della visione tattica dei comandi russi favorì la penetrazione tedesca nelle linee sovietiche.
A frenare le Panzer-Division non furono i sovietici ma un elemento tutt'altro che banale: la carenza di carburante. La logistica tedesca, martoriata anche dagli attacchi partigiani non riuscì a fornire efficacemente le punte corazzate più avanzate. L’8 dicembre la “Leibstandarte Adolf Hitler”, restò praticamente immobilizzata dopo essersi incuneata tra le forze russe. Si fermarono poi la 1.a e la 7.a Panzer-Division.
I risultati conseguiti dai tedeschi erano però molto soddisfacenti; in pochi giorni si era annichilita la 6.a Armata sovietica, la quale si vedeva incapace a pensare ad un immediato contrattacco.
Le forze tedesche, con molti sforzi, chiusero ancora la morsa che avevano realizzato. Furono catturati una quarantina di carri e 200 pezzi anticarro sovietici. Il 15 dicembre i tedeschi erano sulla linea dei fiumi Teterev e Irscha.
Il XLVIII. Panzerkorps era pronto ancora a muovere mentre il LVII. Panzer-Korps (General der Panzertruppen Hans-Karl Freiherr von Esebeck) occupava Korosten e si spingeva ancora più ad est. Il 16 dicembre si ebbero scontri accaniti che durarono vari giorni, e ancora una volta i russi arretrarono. Il 22 dicembre la “Leibstandarte Adolf Hitler ” fu fermata dai carri avversari ma le cose andarono meglio per la 1. Panzer-Division che avanzò distruggendo più di sessanta carri sovietici.
Qualcosa però si stava muovendo dietro le linee sovietiche, nuove forze arrivavano e proprio il 22 dicembre i russi piombavano su Brussilov. Il 24 il Panzerkorp fu travolto e quasi distrutto. L’offensiva di Balck terminava e Kiev restava lontana. Le perdite inflitte al nemico però erano state cospicue e sicuramente si era ritardata l’avanzata sovietica ma il fronte tedesco era esausto mentre il grande freddo invernale ormai cominciava.
Il Natale del 1943 era ormai vicino e la situazione per i Panzerkorp era assai critica. E il pericolo maggiore non erano gli attacchi sovietici, quanto l’impossibilità di rispondervi adeguatamente per la carenza di carburante ormai ossessiva.
Balck, cercò di organizzare la più accorta manovra di sganciamento. Ogni azione era volta ad evitare sperperi di carburante si rinunciò a qualsiasi scontro con i sovietici e le provocazioni operate dalle forze corazzate sovietiche sul fronte di Zhitomir.
Il 29 dicembre, inaspettatamente, il XLVIII. Panzerkorp si vide piombare addosso 500 carri sovietici. Mettendo assieme tutte le unità Balck disponeva di 130 corazzati. La divisione “Leibstandarte” si difese furiosamente, 78 carri russi furono centrati dai cannoni della divisione. Ma non servi a molto, in breve le unità corazzate sovietiche arrivarono alle spalle dei tedeschi con una quarantina di carri.
Gli scontri che seguirono furono rabbiosi e l’avanzata sovietica fu contrastata palmo a palmo. Il 31 dicembe un ulteriore attacco russo e oltre 60 carri tedeschi restarono sul campo, in fiamme. Il 31 dicembre i russi riconquistavano Zhitomir e subito ripresero l’avanzata. Il 3 gennaio 1944 i sovietici varcavano quello che era stato nel 1939 il confine polacco.
La fine del 1943 vide i tedeschi perdere oltre 200.000 chilometri quadrati del territorio che avevano strappato ai russi. Si erano difesi strenuamente ricacciando talvolta il nemico, ma poi, evitando la rottura del fronte, si erano dovuti ritirare perdendo oltre un milione di uomini tra morti feriti e prigionieri. Il 1944 arrivò ma non vi fu più modo di predisporre alcuna valida linea difensiva. Inoltre il carburante disponibile per i carri era sempre più scarso.

Link: I link di approfondimento incorporati nello scritto portano alla versione Inglese di Wikipedia

Gradi Militari Russi (link su www.wwiivehicles.com/)
Gradi Militari Tedeschi (link su www.wwiivehicles.com/)
Mappe ( Official Department of History Web Site)
Giovanni Ludi

1 commento:

  1. Complimenti, è difficile trovare nel web italiano una sintesi di un importante periodo della guerra sul Fronte Orientale, fatta in modo egregio. Inoltre è aggiornata agli ultimi studi storiografici ed è equilibrata, non viziata da pregiudizi ideologici. Sarei lieto di linkare questo articolo sui 2 siti che amministro:
    noicomunisti.it e noicomunisti.blogspot.it

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